ERNIE E PROTRUSIONI DISCALI

La colonna vertebrale è costituita da strutture ossee, legamentose, nervose e dai dischi intervertebrali.

La parte ossea è costituita da 7 vertebre cervicali, 12 toraciche, 5 lombari, 5 sacrali e 4 o 5 coccigee. Fra una vertebra e l’altra è interposto un disco intervertebrale costituito esternamente da una struttura fibrosa/cartilaginea formata da fasci fibrosi concentrici (anulus fibroso) e internamente da una struttura simile ad una biglia e dalla consistenza gelatinosa composta per l’88% da acqua, chiamata nucleo polposo. Il disco intervertebrale svolge una serie di funzioni molto importanti:

  1. Funzione di ammortizzamento fra una vertebra e l’altra grazie alla sua particolare struttura.
  2. Distribuisce le forze meccaniche di compressione sull’intero corpo vertebrale.
  3. Permette grande mobilità fra una vertebra e l’altra riducendo al minimo le sollecitazioni meccaniche di compressione e attrito che si creano durante il movimento.

Purtroppo nel tempo questi dischi possono andare incontro a fenomeni degenerativi come schiacciamenti, protrusioni o ernie.

Le problematiche discali sono statisticamente più presenti a livello lombare e cervicale perché questi segmenti vertebrali sono molto più mobili di quello dorsale e quindi più soggetti a stress meccanico. Il segmento più colpito in assoluto è quello lombare, che è circa 15 volte più colpito di quello cervicale. L’insorgenza di ernie e protrusioni discali è più frequente nella fascia di età compresa tra i 30 e i 50 anni, quando il nucleo polposo è ancora ben idratato. Dopo i 50 anni il nucleo polposo tende a disidratarsi con conseguente riduzione di questo tipo di problematiche mentre diventano statisticamente più rilevanti i fenomeni degenerativi di tipo artrosico.

L’iniziale deformazione del disco con conservazione dell’anulus, di cui sono danneggiate solo le fibre più interne, viene definita “bulging”. Lo stadio successivo è rappresentato dalla protrusione discale che è determinata dallo sfiancamento dell’anulus fibroso con conseguente deformazione del disco, ma senza una vera e propria rottura. L’ernia del disco è invece determinata da una lesione totale dell’anulus con conseguente dislocazione e/o fuoriuscita del nucleo polposo dalla sua sede naturale.

ERNIE E PROTRUSIONI DISCALI

Le problematiche discali, tranne rari casi in cui si presentano dopo un trauma, sono di tipo degenerativo. Si manifestano perciò a seguito di un processo lento e graduale che porta all’alterazione della struttura discale. Per questo motivo è molto importante non sottovalutare i primi sintomi, ma al contrario è opportuno intervenire precocemente per ristabilire la migliore condizione possibile a livello della meccanica vertebrale, andando così a prevenire o rallentare il processo degenerativo. È infatti fondamentale intervenire prima che il problema cronicizzi aumentando così la possibilità di ottenere la completa regressione della sintomatologia dolorosa.

In base alla sede in cui si trovano le ernie si possono classificare in:

  • mediane; quando si presentano posteriormente verso il canale vertebrale in posizione centrale: “posizione mediana”
  • paramediane; quando sono poco deviate dalla linea mediana
  • laterali; quando si presentano molto distanti dalla linea mediana
  • intraforaminali; quando vanno ad occupare il forame di coniugazione che rappresenta lo spazio compreso tra due vertebre adiacenti attraverso il quale fuoriesce il nervo
  • extraforaminali; quando si presentano in posizione latero-esterna al forame di coniugazione

ERNIE E PROTRUSIONI DISCALI

In base alla quantità di nucleo polposo fuoriuscito possono classificarsi in:

  • Ernia contenuta; l’anulus fibroso è lesionato e l’erniazione si presenta in modo circoscritto a livello del canale vertebrale, anche grazie al legamento longitudinale posteriore che riesce in parte a contenerla.
  • Ernia protrusa; in questo caso l’ernia ha determinato la lesione del legamento longitudinale posteriore e sporge in modo più marcato nel canale vertebrale entrando direttamente in contatto con le strutture nervose. Il nucleo polposo rimane tuttavia ancora almeno parzialmente nella sua naturale sede anatomica. In base a quanto di esso sia riuscito ad attraversare il legamento longitudinale posteriore vengono ulteriormente classificate in sottolegamentose, translegamentose e retrolegamentose.
  • Ernia espulsa o migrata; in questo caso il nucleo polposo abbandona la sua naturale sede anatomica perdendo ogni rapporto di continuità con il disco e venendo a trovarsi nel canale vertebrale. Anche in questo caso a seconda della direzione in cui avviene la migrazione vengono classificate in craniali, caudali, posteriori o intradurali quando arrivano a comprimere direttamente il midollo spinale; quest’ultimo caso fortunatamente è molto raro.

 

ERNIE E PROTRUSIONI DISCALI

ERNIE E PROTRUSIONI DISCALI

Sintomi:

I sintomi chiaramente possono variare in base al livello vertebrale (cervicale, dorsale o lombare), alla quantità del materiale discale fuoriuscito e alla sede in cui esso si trova. Una compressione a livello delle radici nervose determina un’irritazione del nervo con la comparsa di sintomatologia dolorosa. Nei casi più gravi si possono presentare alterazioni della sensibilità e della funzione motoria del nervo compresso con riduzione della capacità di attivare i muscoli da esso innervati. Quando la deformazione dell’ernia invade il canale midollare andando a comprimere direttamente il midollo spinale, la sintomatologia è decisamente più grave e caratterizzata da sintomi altamente invalidanti che variano a seconda del livello di lesione e dell’entità della compressione.

Nei casi più comuni la sintomatologia è rappresentata da:

  • Dolore che parte a livello della radice nervosa compressa, per poi irradiarsi nel territorio di innervazione. In caso di interessamento delle radici nervose che originano dalla regione lombare il dolore solitamente si manifesta a carico della parte bassa della schiena, del gluteo e della gamba. Se invece il problema interessa la regione cervicale i sintomi più comuni riguardano il collo, la spalla e il braccio. In base al livello dell’ernia la sintomatologia può subire alcune differenze.
  • Contrattura antalgica, chiamata comunemente “blocco muscolare”. Il nostro corpo come meccanismo di protezione contro il dolore tende a bloccare i movimenti irrigidendo la muscolatura per limitare ulteriori danni. Lo spasmo della muscolatura però purtroppo in questo caso aggrava ulteriormente il dolore perché accentua la compressione sulle strutture vertebrali e di conseguenza anche sulla radice nervosa.
  • Disturbi sensitivi: l’irritazione del nervo può portare a sensazioni di formicolio, bruciore, scossa elettrica, tensione/“tiraggio” o alterazioni della sensibilità che determinano una scarsa capacità di discriminare correttamente gli stimoli.
  • Disturbi motori: la funzione motoria del nervo viene compromessa con conseguente riduzione della capacità di attivare i muscoli da esso innervati. È il caso più grave e solitamente la terapia di elezione è rappresentata dall’intervento chirurgico di decompressione della radice nervosa.

Fortunatamente non tutte le ernie, protrusioni o schiacciamenti sono responsabili di problematiche discali che causano dolore. Non è raro trovare alla risonanza magnetica ernie o protrusioni anche in pazienti che non presentano dolore vertebrale. In tali casi non bisogna quindi preoccuparsi eccessivamente, ma è importante prendere in mano la situazione ed iniziare precocemente un percorso riabilitativo specifico per prevenire la comparsa di sintomi invalidanti, affidandosi ad un fisioterapista specializzato su questo tipo di problematiche che saprà come inquadrare il problema e intervenire al meglio.

D’altro canto non tutti i dolori sono causati da ernie. Molto spesso il dolore è determinato da un’errata meccanica vertebrale, o da problematiche muscolari, legamentose, artrosiche ecc. su cui si può efficacemente intervenire con un adeguato percorso fisioterapico.

CAUSE DELLE PROBLEMATICHE DISCALI

Stili di vita non ottimali ci portano ad essere esposti ad alterazioni statico-dinamiche che, in modo lento ed insidioso, determinano continui stimoli meccanici che si scaricano sulla colonna vertebrale determinando sovraccarichi, micro-traumi e blocchi vertebrali che nel tempo possono portare alla degenerazione discale.

Le principali cause sono rappresentate da:

  • Posture obbligate e non corrette, mantenute svariate ore al giorno per esigenze lavorative o scolastiche.
  • Attività lavorative fisicamente pesanti o che obbligano a movimenti ripetitivi, soprattutto se di torsione e flessione della colonna vertebrale.
  • Il sovrappeso, che determina importanti sovraccarichi a livello della zona lombare, delle articolazioni sacro-iliache e degli arti inferiori, favorendo nel tempo l’instaurarsi dell’artrosi e alterazioni posturali causate dallo sbilanciamento determinato dall’eccessiva prominenza della regione addominale.
  • Traumi di vario tipo (domestici, sportivi, lavorativi …).
  • Le continue scosse, sussulti o vibrazioni che subiamo quando siamo in auto, treno o metro.
  • Attività sportive svolte senza una corretta preparazione atletica, che molto spesso risultano più dannose che utili. Questo perché, se non si ha una muscolatura adeguata a sostenere e stabilizzare la colonna vertebrale durante gli sforzi richiesti, si vengono a determinare veri e propri traumi.
  • Sedentarietà, che determina una riduzione della funzionalità muscolare. Purtroppo molte persone fanno poco o nessun esercizio fisico. Le posture protratte mantenute durante la giornata e le attività svolte in modo ripetitivo per esigenze lavorative determinano uno sbilanciamento fra i muscoli più forti e allenati e quelli meno esercitati e più deboli. Per tale motivo il sistema muscolare non riesce più a svolgere l’importante funzione di sostegno della colonna vertebrale, accelerando e favorendo i fenomeni degenerativi.

CURA:

Terapie mediche:

  • Terapia farmacologica: La cura in caso di ernia discale sintomatica è inizialmente finalizzata alla riduzione del dolore e dell’infiammazione a carico delle strutture interessate, mediante l’utilizzo di farmaci antinfiammatori come i FANS e nei casi più gravi i cortisonici. Solitamente, soprattutto nei primi giorni, vengono abbinati a farmaci miorilassanti e, nel caso in cui la sintomatologia non risponda alla cura, vengo utilizzati farmaci specifici per il dolore a carico delle strutture nervose.
  • Ossigeno-ozono terapia: vengono eseguite delle iniezioni con una specifica miscela di ossigeno e ozono per stimolare il riassorbimento dell’ernia e la riduzione del dolore e dell’infiammazione.
  • Intervento chirurgico: viene asportata l’ernia discale che causa la compressione nervosa. Questo tipo di intervento non è totalmente privo di rischi e prevede un lungo tempo di recupero nel quale sarà necessario un adeguato percorso riabilitativo. Purtroppo dopo l’intervento può capitare che si presentino delle recidive. Rimane comunque un approccio di fondamentale importanza in tutti quei casi dove le strutture nervose rischiano di riportare danni permanenti come ad esempio la perdita della funzione motoria del nervo.

Trattamento fisioterapico

Come detto in precedenza è molto importante intervenire precocemente per evitare che il problema cronicizzi e/o che si aggravi al punto da rendere necessario l’intervento chirurgico. La terapia farmacologica risulta molto importante soprattutto nella fase acuta, ma chiaramente non risolve la causa del problema. Quindi fare un uso continuo di farmaci, anche per mesi o anni, nel tentativo di gestire la situazione non è certamente la scelta giusta, considerati anche i tanti effetti collaterali che essi determinano.

Il trattamento riabilitativo è invece finalizzato ad eliminare le cause che hanno portato ad un sovraccarico delle strutture vertebrali ottimizzando al meglio il loro funzionamento. Le strutture responsabili di queste alterazioni possono essere davvero molte ed è quindi fondamentale fare preliminarmente un’accurata valutazione di tutta la colonna vertebrale e del bacino per rilevare blocchi, mal funzionamenti, alterazioni posturali, muscolari e articolari. Per comprendere meglio faccio un esempio: se a livello dorsale la colonna vertebrale si presenta particolarmente rigida e poco mobile, la regione lombare si troverà a dover lavorare più del dovuto andando così a sovraccaricarsi.

In una prima fase, a fronte di un dolore particolarmente acuto, si può fare ricorso all’uso di apparecchi elettromedicali ad alta tecnologia come la tecarterapia per ridurre l’infiammazione e il dolore.

Successivamente sarà fondamentale impostare un percorso riabilitativo affrontando il problema in modo globale e tenendo conto delle caratteristiche di ciascun paziente. Il fisioterapista specializzato valutata la vostra situazione utilizzerà le tecniche ritenute più utili ed efficaci in base alle vostre necessità.

Nel mio studio una volta valutato il paziente vado ad integrare secondo quanto ritenuto opportuno le varie tecniche aumentando così l’efficacia delle sedute e realizzando ogni volta un trattamento personalizzato.

Tra gli approcci che danno sicuramente i migliori risultati abbiamo:

  • Rieducazione posturale Mezieres.

Viene utilizzata per correggere gli atteggiamenti posturali scorretti che nel tempo hanno portato a sovraccaricare la colonna vertebrale e a causarne una precoce degenerazione. Altro aspetto importante è quello di ridurre le forze compressive che una muscolatura rigida e accorciata causa sui vari segmenti vertebrali e che determina un ulteriore schiacciamento del disco, incrementandone così la deformazione. La riduzione delle forze compressive sui dischi riduce il volume della deformazione discale, diminuendo così la compressione che essa esercita sulle strutture nervose.

Ridurre lo stress meccanico a cui è sottoposto il disco determina:

  • Un più facile e veloce riassorbimento dell’ernia
  • Una riduzione dell’infiammazione e dell’edema che si instaura sulle strutture nervose a causa dello schiacciamento a cui sono sottoposte.

La rieducazione posturale Mezieres consiste nel fare assumere al paziente particolari posizioni dette anche “posture”, mediante le quali viene esercitata una trazione continua e simultanea alle estremità delle catene muscolari retratte. Queste posture sono mantenute per un tempo abbastanza lungo e con particolare rigore, impedendo, nel limite del possibile, le compensazioni e gli adattamenti e utilizzando una specifica respirazione che aiuta a rilasciare le catene muscolari interessate.

  • Tecniche osteopatiche e/o chiropratiche di manipolazione vertebrale. Sono delle manovre altamente specifiche, eseguite ad alta velocità e bassa ampiezza nelle quali si percepisce un particolare rumore chiamato cavitazione, comunemente detto “scrocchio”. Sono delle tecniche molto efficaci che danno quasi istantaneamente un beneficio al paziente che percepisce un senso di benessere, leggerezza e una rapida riduzione del dolore. Lo scopo delle manipolazioni vertebrali è quello di riportare la colonna alla sua corretta funzionalità. Viene così ottenuto un miglioramento o la normalizzazione della mobilità delle singole vertebre e dei segmenti vertebrali ipomobili o bloccati. Ciò determinerà un ampliamento dello spazio a livello del canale vertebrale che contiene il midollo spinale e dei forami vertebrali dai quali fuoriescono i nervi spinali che influenzano tutte le funzioni del corpo mediante gli stimoli nervosi.
  • Tecniche osteopatiche miofasciali. Sono delle tecniche molto dolci e delicate solitamente molto gradite dal paziente, che hanno lo scopo di ridurre e riequilibrare le anomale tensioni che si possono venire a creare su specifici gruppi muscolari e sulla fascia che li avvolge. Sono tecniche che riescono a dare un senso di leggerezza e di maggiore libertà di movimento.
  • Tecnica Mulligan. Nasce in Nuova Zelanda ed il suo ideatore è Brian Mulligan, fisioterapista conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo per la sua geniale intuizione. È una particolare tecnica di riposizionamento articolare effettuata dal fisioterapista mentre il paziente svolge degli specifici movimenti attivi. Consente di riallineare correttamente le superfici articolari riducendo così il dolore e i sovraccarichi. È una tecnica indolore e particolarmente indicata in quei pazienti per i quali non sono consigliate le manipolazioni vertebrali.
  • Trigger points. Spesso a causa del dolore e delle posture errate da esso determinate alcune strutture vanno in sovraccarico e possono sviluppare delle rigidità molto localizzate e di piccole dimensioni, grandi come noccioline o anche come chicchi di riso. Queste rigidità sono chiamate trigger points e hanno la particolarità di poter determinare dolore irradiato anche su zone spesso molto lontane da dove sono localizzati i punti trigger, che molto spesso si possono attivare in pazienti che hanno problematiche vertebrali andando così a determinare ulteriore sintomatologia dolorosa oltre a quella già esistente. Vengono disattivati con delle specifiche tecniche di manipolazione muscolare, o con l’ausilio di alcuni macchinari ad alta tecnologia come la tecarterapia. La cosa stupefacente è che dopo averli individuati possono bastare pochi minuti (a volte anche secondi!) per ottenere una notevole riduzione del dolore o addirittura la sua scomparsa.
  • I.A.S.T.M. Technique acronimo di “Instrument Assisted Soft Tissue Mobilization” (tecnica di mobilizzazione dei tessuti molli assistita da strumenti). Consente di andare a lavorare oltre al punto trigger, anche tutte le strutture muscolari, fasciali e connettivali circostanti che in seguito al persistere del problema sono andate incontro a rigidità e fibrotizzazione.

È una tecnica innovativa nata negli U.S.A. (dove è molto utilizzata da chiropratici e fisioterapisti su atleti professionisti, soprattutto nella NBA e nella MAJOR LEAGUE) che utilizza particolari strumenti in acciaio chirurgico con i quali si eseguono specifiche manovre sulla cute e sui muscoli:

  1. Mobilizza il tessuto connettivale della fascia muscolare (la guaina bianca che avvolge tutti i nostri muscoli) determinando il rilasciamento delle restrizioni e delle aderenze del tessuto connettivo che sono causa di sovraccarichi, irritazione, stati infiammatori e dolore.
  2. Un altro importante effetto di questa tecnica è il ripristino del corretto scorrimento della fascia sul tessuto muscolare, che è fondamentale per avere muscoli forti ed elastici e ridurre così il rischio di infortuni.

Protocollo di esercizi personalizzati.

Il trattamento riabilitativo comprende anche l’educazione del paziente che deve imparare come muoversi correttamente e come ridurre al minimo i sovraccarichi a livello della colonna, evitando situazioni potenzialmente dannose. Questo aspetto è spesso sottovalutato da vari professionisti, sebbene sia di fondamentale importanza. Nel mio studio integro i trattamenti fisioterapici con l’insegnamento di esercizi personalizzati e consegno ai miei pazienti un programma scritto che, oltre a illustrare gli esercizi appresi (da eseguire al proprio domicilio), contiene tutte le informazioni utili per affrontare al meglio le varie attività della vita quotidiana e prevenire le recidive.

Prestare attenzione al corretto assetto posturale e seguire un piano di esercizi personalizzati non solo migliorano la sintomatologia dolorosa, ma accelerano la guarigione, riducendo di conseguenza il numero di sedute necessarie.

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